Mantenetevi folli, e comportatevi da persone normali. A guardarlo bene in faccia, non sembra incutere timore. Se poi passiamo all’altezza, manco a dirlo. Eppure,...

Mantenetevi folli, e comportatevi da persone normali. A guardarlo bene in faccia, non sembra incutere timore. Se poi passiamo all’altezza, manco a dirlo. Eppure, in campo,  corre più di tutti, attacca e difende, tira, crossa, e segna. Emanuele Giaccherini, da Talla, è un calciatore italiano, a metà tra il centrocampista e l’attaccante: il ritratto in persona della follia applicata alla normalità.

 “Se si chiamasse Giaccherinho sarebbe molto più considerato”. Antonio Conte aveva capito tutto di lui, già ai tempi della Juventus. Perché Giaccherini ha lottato per una carriera intera contro i pregiudizi e le s-valutazioni nei suoi confronti. Dai tempi del Cesena, a 15 anni, al Bibbiena, quando in uno scontro di gioco con un portiere gli asportarono la milza, passando per Forlì, Bellaria, Pavia. Se l’è fatti tutti, Giaccherini, i campi polverosi di C2. S’è fatto la gavetta come si deve, prima di ritornare a casa. Il suo primo gol in cadetteria con la maglia bianconera arriva proprio il 29 agosto del 2009, allo stadio Via Del Mare, contro il Gallipoli. L’esordio nella massima serie arriva esattamente un anno dopo, il 28 agosto del 2010, all’Olimpico, contro la Roma. 0-0 tirato e sudato: un preludio alla salvezza dei romagnoli, ottenuta con merito alla fine del torneo. Emanuele, non a caso, fu il migliore in campo.

Poi vengono gli anni alla Juve, gli scudetti, la Supercoppa, l’estero, il Sunderland, e il ritorno a casa. Fino alla Nazionale, dove Conte, pazzo di lui, lo schiera titolare agli europei. Contro tutto e tutti.

Diciamolo: in tanti eravamo contrariati, o perlomeno sorpresi, alla lettura dell’11 titolare azzurro, il 13 giugno, a Lione. E in tanti siamo rimasti a bocca aperta, alla mezz’ora, quando Giaccherini, da Talla, dalla serie C2, da Bibbiena, Pavia, Forlì, ha agganciato con uno stop che definire straordinario è poco, prima di insaccare alle spalle di Curtois. Una magia, proprio dal calciatore più bistrattato, discusso, sottovalutato. L’UEFA a fine partita lo proclamerà man of the match, a pieno titolo.

 Ma il Giack non è solo corsa, è anche cuore. Contro la Svezia, confermato titolarissimo, continua la sua prestazione tutta di sostanza. E continua a stupire. Così come contro le Furie Rosse, l’altro pomeriggio, quando ha annullato l’intera fascia spagnola. Penetrando e difendendo, costringendo De Gea a ripetuti miracoli.

 Perché Giaccherini è un po’ il simbolo di tutti noi: è il ragazzo dalla faccia d’angelo e dal cuore grande che è arrivato in Nazionale, e ama stare lì. Sogna. Si dice che nel 2008, quando Giaccherini era in prestito nelle squadre di serie C2, risalisse i tornanti che separano il Casentino da Cesena con la sua vecchia Fiesta. Ad ogni curva, un pensiero: “Stavolta o la va o la spacca, se non mi vogliono al Cesena me ne vado a fare l’operaio”, diceva. Oggi, quella vecchia Fiesta ansimante è ormai lontanissima. Vado, ti rovescio il mondo e torno. Perché è la normalità la vera rivoluzione. Parola di Emanuele Giaccherini.

Raffaele Nappi
twitter: @RaffaeleNappi1