“Lo vedevo il terrore negli attaccanti: si spostavano dall’altra parte, se c’era Paolo nei paraggi. La sua tecnica era: il primo intervento deve essere...

“Lo vedevo il terrore negli attaccanti: si spostavano dall’altra parte, se c’era Paolo nei paraggi. La sua tecnica era: il primo intervento deve essere duro per far capire immediatamente che aria tira. E poi parlava agli avversari in continuazione, li faceva impazzire, era davvero temutissimo”. No signori, queste non sono le parole di un giornalista, in cerca di facili sensazionalismi. Così parlò David Trezeguet, uno che Montero l’ha visto da vicino, uno che i suoi tacchetti li ha assaggiati più e più volte durante le sedute di allenamento, probabilmente. Anzi, sicuramente.

In un mondo ideale questa sarebbe dovuta essere la prima storia delinquenziale da raccontare, per tutta una serie di motivi. Paolo Montero è tutto quello che siamo, tutto quello in cui crediamo. Non solo per il fatto di detenere il record di espulsioni della serie A (sono 17), ma perché non esiste giocatore in grado di impersonare quanto lui la cattiveria applicata al gioco del pallone.

Paolo nasce calcisticamente nel Penarol, dove lo battezzano subito Terminator, soprannome che in Italia lascerà il posto al più diretto “Pigna” dopo il famoso episodio del pugno in faccia sferrato a Gigi Di Biagio. Che sia un uomo senza fronzoli lo capisci guardandogli la faccia. Dritto negli occhi no, bisogna avere troppo coraggio. Lo sguardo fiero ed i suoi lineamenti spigolosi lasciano ben poco spazio all’immaginazione, le poche parole, tipiche di chi preferisce far parlare i fatti, fanno il resto.

Montero è uno di quei giocatori sempre più difficili da reperire al giorno d’oggi, un combattente nato guidato dalla Garra Charrua ,quella di chi è nato in determinate zone del globo terracqueo, il Sudamerica per esempio.

Le luci della ribalta non gli sono mai appartenute, e per uno che preferisce vivere nell’ombra è sicuramente un vanto di cui andare orgogliosi. Ecco, l’Orgoglio: brutta bestia per il quale saresti disposto a tutto. Perché la partita di pallone la puoi perdere ma non la dignità, non il rispetto della tua gente per cui devi sempre uscire a testa alta.
«Sono un tipo riservato, da calciatore non mi piaceva parlare dei fatti miei e cercavo di passare inosservato. Non come quelli che fanno i duri e poi vanno a piangere in tv per diventare simpatici ai giornalisti e strappare mezzo punto in più nelle pagelle…”
Nell’avventura italiana è seguito dalla madre e dal padre che, mentre lui è impegnato a giocare, fa il venditore ambulante in quel di Milano. Le prime espulsioni nel nostro campionato arrivano con la maglia della Dea e sono tante -per la precisione 7- che gli valgono 15 giornate di squalifica in totale. In maglia neroazzurra si fa notare oltre che dalle caviglie dei vari avversari, dai più grandi club che ne apprezzano il temperamento, l’abilità nella marcatura grazie ad un senso del posizionamento con pochi eguali, e i piedi non disprezzabili (quando ovviamente non impegnati a colpire i parastinchi altrui).

Nel 1992 arriva Lippi ad allenare l’Atalanta, e decide che Montero deve giocare terzino. Peccato che questo fosse solo il pensiero del tecnico ,perché Paolo non è esattamente dello stesso avviso : “o faccio il centrale o non gioco”. Ed è troppo forte per restare in panchina. Lippi capisce inoltre che scherzare con l’Uruguayo non è cosa, abdica al suo credo e lo schiera centrale. Disputerà una stagione impeccabile.

Con i colori nerazzurri conosce anche il sapore amaro della retrocessione, i primi dissapori con gli allenatori (Guidolin nella fattispecie a cui non rivolgerà mai più la parola nemmeno da avversario)e la contestazione feroce nei suoi confronti. Passa quindi alla Juventus, consacrandosi nell’elite del calcio europeo.

Gli anni bianconeri sono pieni di aneddoti dentro e fuori dal campo ma una menzione immediata la vogliamo dedicare al rapporto con l’Avvocato Agnelli.  “Mi chiamava alle 6 di mattina, la prima volta l’ho mandato affanculo e ho messo giù”. Nonostante questa piccola incomprensione il loro legame sarà molto forte, come testimonia anche questo simpatico scambio di battute sulla già citata pigna a Di Biagio:
Dopo il pugno a Di Biagio l’Avvocato mi vede e scuote la testa: “Paolo, non mi sei piaciuto per niente». Io mi preoccupo: chissà che predica. “Paolo, non mi sei piaciuto perché non l’hai preso bene: un bravo pugile con un gancio così l’avrebbe fatto cadere!”
Per quel che concerne gli episodi in campo, in un Roma-Juve si rende protagonista di un gesto che tutti hanno sognato almeno una volta nella vita: sfogare tutta la propria rabbia e frustrazione agonistica in un calcione senza pensieri, come non ci fosse un domani.

Dritto, duro, diretto sulle gambe di Totti a palla lontana chilometri. Gli avversari protestano, Totti si ribalta a terra, lui, senza nemmeno aspettare il rosso prende la strada degli spogliatoi, a testa alta come sempre.

A sentirlo raccontare di come fosse naturale, al termine delle partite, cercare la rissa negli spogliatoi avversari si rischia l’innamoramento. Altri tempi, altri valori. Come quella volta in cui si trova faccia a faccia con Toldo e volano i pugni, quelli veri.

In Europa la storia non cambia, i suoi gomiti incontrano spesso e volentieri i visi degli avversari come nel caso della gomitata a Karpin nella partita contro il Celta Vigo. Sotto lo sguardo attonito di arbitro, guardalinee e tifosi urlanti Montero esce dal campo come nulla fosse, con gli occhi che sembrano dire “che volete? che c’è di strano?

Il suo più fido compagno di scorribande notturne è Mark Iuliano, con il quale frequenta tutti i locali del Nord Italia non facendosi mancare una rissetta di tanto in tanto. Poi, succede che magari qualche giornalista lo becchi in condizioni non proprio impeccabili in questo o in quel locale notturno. Come una volta ai tempi dell’Atalanta.

Alla vista del cronista ,quattro compagni di Paolo si nascondono in bagno, qualcuno dietro il bancone facendo finta di non vedere. Montero si fa avanti, saluta calorosamente e sussurra al giornalista: “Tanto, se esce qualcosa, so che sei stato tu…”.  Come fai a non innamorarti?

Potremmo continuare a parlare per delle ore, ma, come per tutte le leggende, a un certo punto bisogna fermarsi e lasciar correre la fantasia. Perchè il calcio ci fa sognare, ma non è detto che siano per forza i gol e le giocate dei grandi campioni a farci volare ed entusiasmare. A volte, a quelli come noi, per sognare in grande bastava chiudere gli occhi e immaginare di essere Paolo Montero, almeno per un giorno.

Paolo Vigo
twitter: @Pagolo

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