La storia del giorno in cui nacque la costruzione dal basso La storia del giorno in cui nacque la costruzione dal basso
C’era una volta un custode di un campo di provincia. Era uno di quei campi polverosi, di fango e sassi, dove si giocavano decine... La storia del giorno in cui nacque la costruzione dal basso

C’era una volta un custode di un campo di provincia.

Era uno di quei campi polverosi, di fango e sassi, dove si giocavano decine di partite a settimana, a ogni ora, partite delle categorie più in basso nella piramide del calcio, quelle in cui si gioca per passione, mica per professione.

Ernesto Fragagnone, questo il nome di quel custode, era una persona che aveva imparato ad amare il suo lavoro. Forse perché da giovane anche lui era stato un calciatore, anche lui aveva sognato di diventare un campione come quelli della sua epoca, quella del calcio in bianco e nero.

Adesso che la vecchiaia incombeva, Ernesto Fragagnone aveva deciso di fare un passo importante. Con i risparmi che aveva messo da parte aveva acquistato un appartamento nel palazzo che si affacciava sul suo amato campo sportivo, così poteva controllare in qualsiasi momento quello che succedeva, così poteva prendersela con calma, magari svegliarsi un po’ più tardi, e, perché no, magari anche lavorare in pantofole, dal balcone, con na tazza di caffè in mano. Smart working, lo chiamavano i giovani.

Ben presto, però, il custode si accorse di aver avuto una pessima idea.

Su quel campo di infima categoria, infatti, ci giocava solo gente di infima categoria, e i palloni che finivano sul suo balcone, e soprattutto quelli che gli sfondavano vetri e finestre ormai non si contavano più.

In particolare, a fare i danni più grossi erano i portieri: lo schema di base del calcio di provincia, infatti, era una formula ben collaudata. Lancio lungo del portiere – o del difensore centrale – sponda di testa del centravanti grande e grosso, tentativo di inserimento di un giocatore più veloce.

Ma quando su quel campo infame recitavano giocatori quasi sempre improvvisati, quello schema si trasformava quasi sempre in un disastro. I portieri, con i loro piedi quadrati, a volte montati al contrario, ormai sempre più spesso finivano per mandare i loro rinvii dritti dritti a casa di Ernesto.

Il giorno che cambiò la storia si stava giocando un sentitissimo derby di terza categoria, tra la squadra di una nota pizzeria del posto e quella di un gruppo di vecchi amici che a 60 anni ancora calcavano i campi di provincia.

Luigi Indroffo, questo il nome del portiere che sarebbe entrato nella storia del calcio, ricevette palla all’indietro da un compagno, caricò il destro, si preparò a calciare il pallone con tutta la forza che aveva in corpo.

Il disastro fu inevitabile. Nel giro di tre secondi si avvertirono, distintamente, a chilometri di distanza, tre rumori inconfondibili: il vetro della finestra che andava in frantumi, il pallone che entrava in casa ribaltando il televisore di casa Fragagnone, e gli improperi del padrone di casa che era giunto al limite della sua pazienza.

Ernesto il custode raccolse la sfera, uscì sul suo balcone e per prima cosa udì le voci dei ventidue in campo che gli chiedevano indietro l’oggetto del loro divertimento: “palla, direttò!“.

Erano le quattro di pomeriggio di metà aprile, splendeva un sole rassicurante. Ma all’improvviso l’oscurità si impadronì del cielo, un fulmine squarciò l’aria, ed Ernesto Fragagnone tirò fuori dalla tasca un coltellaccio da cucina ancora sporco della cipolla che la moglie stava tritando.

Il custode alzò il pallone al cielo, con un gesto rapido e deciso lo infilzò, e il rumore della camera d’aria che esplodeva si impadronì del silenzio di quel campo fatto di polvere e fango.

Possiate voi essere maledetti! Possiate voi essere condannati a giocare solo e soltanto palla a terra!“.

In quel momento, in pochi capirono quello che era successo. Ma nelle settimane e nei mesi successivi, furono in tanti ad accorgersene. In quel campo sportivo era diventato letteralmente impossibile spazzare un pallone in aria, fare un rinvio lungo, cercare di scavalcare il centrocampo con un lancio in profondità.

Niente. Semplicemente non ci si riusciva. Quando un portiere provava a rinviare lungo il pallone, quel pallone veniva attratto da una forza magnetica, che più di qualcuno avrebbe definito magica, e scompariva in cielo, seguito dal rumore di una deflagrazione.

Ben presto, tutte le squadre di infima categoria che scendevano a giocare su quel campo, si accorsero che non era più possibile completare una partita, perché dopo qualche minuto i palloni a disposizione finivano, inghiottiti da quell’inspiegabile buco nero.

Chi aveva assistito alla scena di qualche giorno prima, alla maledizione del custode, cominciò a far girare la voce. A dire che era successo qualcosa, e che c’era solo un modo per poter continuare a giocare su quel campo ormai infestato.

Giocare palla a terra.

Far iniziare l’azione al portiere, scambiando palla con i difensori al limite della propria area.

Uscire palla al piede dalla difesa.

Quello, insomma, diventò ben presto l’unico modo possibile per giocare su quel campo, e rapidamente la voce cominciò a girare in tutta la regione, in tutta la nazione. Un po’ per superstizione, un po’ per paura, ormai nessun portiere voleva più rischiare. Il timore di vedere quel pallone risucchiato dalle oscure forze del male era troppo forte, e quindi si erano tutti convinti che giocare palla a terra fosse l’unico modo possibile per salvare il calcio.

Era nata la costruzione dal basso.

Ernesto Fragagnone, da quel giorno, visse in pace, amando il suo mestiere, continuando a guardare i giocatori di infima categoria che annaspavano, cercando di impostare il gioco con i loro piedi in ghisa, ma che mai e poi mai avrebbero osato provare ancora una volta a rinviare un pallone sfidando la maledizione che quel custode di provincia aveva fatto calare dal balcone di casa sua.

P.S. Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale e frutto della fantasia del narratore. La costruzione dal basso è un’evoluzione tattica del giuoco del calcio perfettamente compatibile con lo spirito del nostro tempo, e nessuno intende sminuirne la validità, né tantomeno propagandare una restaurazione conservatrice che riporti indietro le lancette dell’orologio della storia del calcio. Forse.

Valerio Nicastro
twitter: @valerionicastro