

Il giorno in cui David Beckham si prese l’Inghilterra sulle spalle
Storie di calcio Ottobre 6, 2021 delinquentidelpallone

6 ottobre 2001, Old Trafford, Manchester.
Siamo all’ultima giornata del gruppo 9 delle qualificazioni ai Mondiali che si dovranno disputare, qualche mese dopo, in Giappone e Corea del Sud.
Dopo 7 partite disputate, Albania, Grecia e Finlandia sono già matematicamente fuori dai giochi, mentre, a 90 minuti dal termine, Inghilterra e Germania si giocano l’unico posto disponibile per la qualificazione diretta ai Mondiali, con la seconda classificata che si dovrà accontentare di un pericoloso spareggio.
Inghilterra e Germania arrivano appaiate a quota 16 punti prima dell’ultima giornata. Ma, per via degli scontri diretti e della differenza reti favorevole, in caso di arrivo a pari punti nella classifica finale saranno gli inglesi a conquistare il primo posto.
Per cui, quando il 6 ottobre del 2001 la nazionale allenata da Sven Goran Eriksson scende in campo contro la Grecia, sa che gli servirà una vittoria per essere sicura della qualificazione, o, comunque, gli basterà lo stesso punteggio della Germania, impegnata a Gelsenkirchen contro la Finlandia.
La Grecia di Otto Rehhagel, che ancora non sa di essere stata scelta dal fato per interpretare una delle favole più incredibili della storia del calcio, tre anni più tardi, si presenta a Old Trafford già eliminata, ma con l’intenzione di onorare l’impegno, visto che in campo ci sono comunque parecchi titolari.
Eriksson si affida a questa squadra: Martyn in porta, Ferdinand, Keown, Gary Neville e Ashley Cole in difesa, Gerrard e Scholes in mezzo al campo, Beckham e Barmby sugli esterni, Fowler ed Heskey di punta.
Che non sarà un pomerigio semplice, però, lo fa capire subito Angelos Charisteas: il centravanti greco dopo 36 minuti punisce Martyn con un sinistro da poco dentro l’area di rigore, portando avanti la Grecia. Qualcuno comincia a disperarsi, pensando a un altro disastro pronto ad accadere nella storia della nazionale inglese, qualcun altro controlla le radioline – altri tempi – per sapere il punteggio della Germania: ancora 0-0, basta pareggiarla, per ora.
E l’Inghilterra la pareggia, ma soltanto dopo una lunga sofferenza, soltanto dopo aver rischiato lo 0-2, soltanto a una ventina di minuti dalla fine. È infatti il 68′ quando David Beckham prende la palla, e si scatena in una lunga corsa, di rabbia, di prepotenza, sulla corsia sinistra. Tanto forte che pochi suoi compagni riescono a stargli dietro, e lui è costretto a fermarsi, a prendere tempo, a cercare di saltare il difensore, che però nel frattempo lo stende.
La punizione, ovviamente, la batte il numero 7, il capitano, il padrone di casa.
E Beckham pennella una traiettoria così bella, così invitante, che Teddy Sheringam, entrato in campo un minuto prima al posto di Fowler, deve soltanto metterci la testa. Nikopolidis è battuto, la partita pareggiata. Per il momento basterebbe, perché da Gelsenkirchen non arrivano aggiornamenti: ancora 0-0.
Ma lo scampato pericolo è tale per poco più di 60 secondi. Nikolaidis approfitta di una dormita della difesa inglese, e batte di nuovo Martyn. Sembra un incubo, mancano 20 minuti alla fine della partita e la Grecia è avanti 2-1. Perlomeno, dalla Germania non sembrano arrivare novità: un gol tedesco, adesso, butterebbe davvero Old Trafford nel dramma, ma per ora non sembra voler arrivare.
Così l’Inghilterra si butta avanti alla disperata ricerca del pareggio, sperando che la Finlandia regga.
Ma le occasioni per segnare quel maledetto gol sembrano non volersi presentare.
Fino al minuto numero 93.
L’Inghilterra sta attaccando in maniera confusa, di voglia e di rabbia più che di testa. Il pallone arriva lungo, fuori l’area di rigore della Grecia, Sheringham e Konstantinidis se lo contendono, secondo l’arbitro il difensore greco ha commesso fallo.
Punizione per l’Inghilterra dal limite dell’area. Anzi, a dire il vero siamo più di qualche metro lontani dal limite dell’area, in posizione esattamente centrale.
In quel preciso istante, tutti gli occhi e tutte le speranze di Old Trafford si fiondano su un solo uomo.
Il numero 7, il capitano, il padrone di casa.
David Beckham, però, ha altre idee per la testa. Ha già capito cosa deve fare con quel pallone, e soprattutto dove mandarlo.
In quel momento, in tanti si dimenticano che però c’è anche da aspettare il risultato della Germania. E il triplice fischio della partita di Gelsenkirchen è arrivato proprio nell’esatto istante in cui David Beckham ha messo a terra il pallone per battere la punizione, ed è un deludente 0-0 per i tedeschi.
Oliver Kahn e i suoi compagni sono accalcati intorno a un piccolissimo monitor. Se quel pallone non finisce in porta, la Germania si qualifica direttamente per i Mondiali.
Torniamo a Old Trafford, però.
Beckham prende la rincorsa, una rincorsa potente, decisa. Uno, due, tre, quattro, cinque passi, e il piede sinistro si affianca al pallone. Il corpo di Beckham si piega verso sinistra, quasi come una curva in moto, il destro si avventa sul pallone.
La sfera si alza, supera la barriera di diversi metri, e poi si abbassa. La traiettoria è perfetta, il pallone, durante il suo volo, ha accumulato forza ma non ha perso di vista l’obiettivo. E così arriva, dritto, fortissimo, proprio nell’angolino alto della porta di Nikopolidis, che non può nemmeno fare a tempo ad accennare una parata.
Gol.
Due a due.
Non sappiamo se, in quel momento, Beckham o tutti i tifosi inglesi fossero al corrente del risultato della Germania. Già, perché i tedeschi non erano riusciti a battere la Finlandia, e quindi il gol di David Beckham significa qualificazione, significa semplicemente che l’Inghilterra può andare ai Mondiali.
A giudicare dall’urlo di gioia dei tifosi, e da quello di Beckham, probabilmente in qualche modo erano riusciti a saperlo. Di sicuro, a Gelsenkirchen c’è un uomo che la situazione l’ha capita benissimo. È Oliver Kahn, che non appena vede, da quel minuscolo monitor, il pallone calciato da Beckham infilarsi tra il palo e la traversa, comincia a inveire contro tutto e tutti, piuttosto rumorosamente, alla sua maniera, e si dirige negli spogliatoi con lo sguardo truce e la consapevolezza di dover giocare uno spareggio (con il lieto fine, poi, visto che la Germania lo spareggio lo giocherà e vincerà contro l’Ucraina, e ai Mondiali arriverà addirittura fino alla finale contro il Brasile).
Al triplice fischio finale, a Old Trafford può partire la festa. E tutti corrono ad abbracciare David Beckham.
Il numero 7, il capitano, il padrone di casa.
Che il 6 ottobre 2001 si è preso una nazione sulle spalle e l’ha fatta volare ai Mondiali.
Valerio Nicastro
twitter: @valerionicastro