Il calcio non è divertimento, mettetevelo in testa. Chi va allo stadio per divertirsi, chi si siede sul divano per passare 90 minuti piacevoli,...

Il calcio non è divertimento, mettetevelo in testa. Chi va allo stadio per divertirsi, chi si siede sul divano per passare 90 minuti piacevoli, non può autenticamente dirsi tifoso. Spettatore, forse, si. Ma tifoso, quello no. Il tifoso, a divertirsi, non ci pensa nemmeno.

Il calcio non è divertimento, nemmeno lontanamente. Il divertimento presuppone una certa serenità d’animo, una tranquillità che pervade il nostro corpo e la nostra mente. Una noncuranza nei confronti delle cose o dei fatti a cui stiamo assistendo, insomma. Ci si può divertire al cinema, quando le luci si riaccendono e al film, bello, brutto o inverecondo, non ci pensiamo mai più.

Ma il tifoso, alla partita della sua squadra, ci pensa il giorno prima e il giorno dopo. La settimana prima e la settimana dopo. Il tifoso non si diverte a vedere la sua squadra giocare, il tifoso soffre, come un cane. Ma non può fare altrimenti, oramai si trova invischiato fino al collo. Il tifoso non può spiegare il fascino perverso che la sofferenza esercita nei suoi confronti, e forse non vuole nemmeno spiegarlo a chi non può capirlo.

Come spiegare, a chi non ha mai sofferto per la propria squadra che si gioca la retrocessione, che non è solo un gioco, che una volta che l’arbitro avrà fischiato noi non ritorneremo alla nostra vita normale, no, noi saremo solo degli automi che continueranno, imperterriti, a pensare a quella maledetta partita che segnerà la nostra vita per i giorni a venire? Ad uno che non è nella nostra stessa condizione, non ci proviamo nemmeno a spiegarla questa cosa.

Figuratevi come potremmo divertirci. Che divertimento c’è a vedere la propria squadra attaccare per 90 minuti senza riuscire a buttare dentro neanche un pallone brutto, sporco, ignobile? Che divertimento c’è a stare arroccati dentro la nostra area, a soffrire e spazzare tutto quello che ci passa davanti, a bestemmiare il Signore, a insultare l’arbitro? Che divertimento c’è a soffrire per un qualsiasi fallo laterale invertito al 60′, per ogni fuorigioco che non c’era, per ogni passaggio sbagliato da un centrocampista che prende dei milioni e non sa neanche fare una verticalizzazione come Dio comanda? Nessuno, fidatevi, nessuno.

Il calcio, per chi tifa, significa solo una cosa: una continua, incessabile, inesauribile sofferenza.

Chi tifa, non si diverte, eppure è sempre lì, eppure non si perderebbe una partita della sua squadra per niente al mondo, nemmeno sotto minaccia di tortura. Forse, anzi sicuramente, è questo il bello di questo sport. Che è un po’ come l’amore, che non te lo sai spiegare ma sotto sotto è tutto quello che fa girare il mondo, silenziosamente.

Valerio Nicastro
twitter: @valerionicastro