I 9 gesti tecnici che qualificano un delinquente
Calcio di provincia Febbraio 26, 2016 delinquentidelpallone
Tra di noi, sappiamo riconoscerci. Ogni buon delinquente, quando è in campo, sa fiutare la presenza di un suo simile e apprezzarne il carattere, la tempra, l’orgoglio. Insomma, tra simili ci si capisce bene.
Come si fa a riconoscere un delinquente su un lurido campo di terza categoria, tra fango, polvere, malcostume e cafonaggine? Semplice: ogni buon rappresentante della nostra categoria si qualifica attraverso un gran numero di gesti tecnici, spesso elevati ad arte, che si ripropongono, sempre uguali, in ogni parte del globo.
Per cui, per ottenere la qualifica ufficiale di “delinquente DOC”, basta riconoscersi in questi gesti, queste piccole cose che identificano a prima vista un appartenente alla nostra categoria, uno che vive il calcio esattamente a modo nostro. Andiamo quindi a scoprire i 10 gesti tecnici che qualificano un delinquente vero.
Il piede a martello
Il piede ben disteso, che punta, in maniera inesorabile, un arto qualsiasi dell’avversario. Una poesia in movimento, un piccolo capolavoro di arte moderna. Il delinquente abituale, del piede a martello ha fatto una vera e propria arte, un gesto che ormai compie con calma olimpica. Chi non è abituato a tali nefandezze, nell’intervenire con il piede a martello in tackle, prova sempre un pochino di imbarazzo.
Chi invece ne ha fatto una ragione di vita, non ci bada. La scivolata, per essere degna di questo nome, deve prevedere anche un bel piede a martello come Iddio comanda. Non importa se poi l’intervento sarà sul pallone o sulla gamba, sulla carne o sul cuoio. Potrete agevolmente riconoscervi tra di voi, quando, in un contrasto, arriverete in due con il piede ben disteso a martello rischiando la vita. Ma sono incidenti del mestiere che possono capitare e che non fanno paura a chi vive il calcio in un certo modo.
La spazzata
Sui polverosi e/o fangosi campi di provincia fare possesso palla e imbastire azioni manovrate dovrebbe essere vietato per legge. Figuratevi altre oscenità, che cominciano sempre più a prendere piede nei campi nostrani della provincia, tipo uscire palla al piede e testa alta dalla difesa. In realtà il vero delinquente sa bene che c’è solo un modo per far ripartire un’azione appena fermata: lanciare la palla il più lontano possibile allontanando il pericolo e l’azione avversaria.
La spazzata è poetica, catartica. In un solo gesto c’è tutto: l’allontanamento del pericolo, la spensieratezza, lo sfogo di tensioni accumulate nel corso di tutta la partita. Per essere più efficace, la spazzata deve essere accompagnata da urlacci e bestemmie, che possono conferire al gesto tecnico ulteriore motivazione psicologica.
Spazzare non è una scelta: è l’unica opzione contemplata in determinate situazioni. Se vedete qualche difensore uscire palla al piede dalla difesa, non esitate a denunciarlo alle autorità preposte.
Le proteste
Il buon delinquente non sa tenere la bocca chiusa, per scelta oppure per istinto. Qualsiasi cosa accada, lui è pronto a presentarsi nelle vicinanze del povero direttore di gara, che per novanta minuti più recupero deve sorbirsi questa sorta di radiocronaca personalizzata da parte del soggetto, che avrà da ridire su praticamente ogni decisione che l’arbitro prenderà.
Ogni fischio sarà oggetto di attenta analisi critica, sviscerato nei più piccoli dettagli. Non importa se sarà corretto, perchè il delinquente avvezzo alle proteste troverà sempre un motivo per alzare ulteriormente la voce. Se non è fallo, vorrà che venga fischiato il fallo. Se è fallo, vorrà che venga estratto il cartellino giallo. Se verrà estratto il cartellino giallo, vorrà che venga estratto il cartellino rosso. E così via, praticamente fino all’infinito.
Protestare è il modo per far sentire la propria presenza all’arbitro. Un modo per affermare la propria voglia di farsi sentire.
La perdita di tempo
Se quando vedete un portiere sbattere 10 volte i tacchetti contro il palo, dirigersi lentamente verso la linea di fondo, girarsi, alzare il braccio, prendere un respiro profondo, alzare di nuovo il braccio, contare fino a 5 e poi tirare via la palla il più lontano possibile vi si scalda il cuore, siete assolutamente dei nostri.
Perdere tempo una volta andati in vantaggio è una tattica universalmente riconosciuta come patrimonio mondiale della delinquenza. Anzi, se in un putrido campo di provincia non vi siete mai rotolati nel fango in preda a crampi immaginari per difendere un prezioso uno a zero, non vi vogliamo nemmeno conoscere. Il delinquente non concepisce l’idea di spingere e attaccare per mettere a segno il gol della sicurezza: l’unico metodo accettato per portare a termine una gara con successo è quello di andare in vantaggio e poi rintanarsi a protezione dello stesso, cercando di far trascorrere il tempo nella maniera più veloce possibile.
Il cronometro saprà poi come darvi soddisfazioni.
La stecca intimidatoria
Il delinquente fatto e finito mette le cose in chiaro prima che sia troppo tardi. Per cui, entro i primi 10 minuti di partita (ma se ne passano 5 potete già ritenervi abbastanza fortunati) aspettatevi un bel calcione, secco, deciso e contundente, negli stinchi o sulle tibie. La stecca intimidatoria non ha altra funzione se non quella di mettere sull’attenti l’avversario.
“Stai attento a quello che fai”, questo è il messaggio che viene comunicato con la leggendaria stecca intimidatoria, di cui il Maestro è, senza dubbio alcuno, Walter Samuel, il Muro. Con la stecca intimidatoria non si può scherzare. Ignorare il suo messaggio significa esporsi a una partita di vessazioni e legnate continue. Per cui, chi la riceve, in genere farebbe meglio a girare alla larga dal difensore, che in questo modo ha messo in chiaro le sue intenzione.
Sfidare un difensore che ti ha rifilato una stecca intimidatoria significa avere coraggio da vendere. E, forse, significa essere più delinquenti del delinquente.
Il fallo tattico
Fermare la ripartenza avversaria con sapienza e saggezza tattica è una delle qualità richieste a un buon delinquente, in virtù soprattutto della massima che recita “a mali estremi, estremi rimedi”. Ben lungi dal dover ricorrere a tutti i costi alle maniere forti, il delinquente DOC sa che, alle volte, è meglio fermare immediatamente un contropiede che sta per diventare pericoloso, piuttosto che doversi trovare, successivamente, ad affrontare guai ben peggiori.
Per cui, quando la situazione lo richiede, ci si arma di spirito di sacrificio e ci si prende un meritatissimo giallo per aver fermato, con diabolica astuzia, un’azione avversaria che stava per diventare troppo pericolosa. Arrendersi all’ineluttabile non è mai un segno di debolezza, quanto manifestazione di acume tattico da generali di guerra.
Alle volte, poi, qualcuno esagera, ma questa è un’altra storia.
La minaccia
Incontrare un delinquente fatto e finito significa anche incorrere in ogni tipo di minaccia verbale. Che, diciamocelo francamente, tante volte va anche bene se rimangono solo verbali. Basta sgarrare una volta, per ritrovarsi la faccia dell’avversario addosso, le labbra pronte a sussurrare parole irripetibili. Per alcuni, la minaccia è un vero e proprio stile di vita. Magari, novanta volte su cento, sono persone raccomandabilissime e stimabilissime che però, prese dalla foga dell’agonismo, di punto in bianco minacciano un altro essere umano di morte.
Infatti, se dovessimo fare una statistica sui campi di provincia, potremmo dire che nel 99% dei casi le minacce verbali non si tramutano in violenza fisica. Anzi, potremmo quasi affermare con certezza che, quando finisce a mazzate, non c’era mai stata la promessa di schiaffi.
Insomma, le minacce, nel calcio, sono molto spesso solamente folkloristiche.
Il fallo da dietro
Uno dei grandi classici della delinquenza è il fallo da dietro. Con l’avversario che non può assistere alle nostre nefandezze, ci si lancia in interventi spregiudicati e sprezzanti del pericolo, a tenaglia, a forbice, come volete voi: basta che sia da dietro, insomma.
Attenzione, l’intervento da dietro non è sinonimo di codardia, tutt’altro. Non fosse perchè in genere l’intervento è sempre segnalato e preceduto da rumore ferroso di tacchetti pronti ad impattare o da sonore esclamazioni di carattere ingiurioso. L’intervento da dietro può essere utilizzato in modi differenti. Può essere usato come avvertimento, come vendetta, come extrema ratio rerum nell’ipotesi in cui l’avversario sia lanciato a rete.
In alcuni casi, invece, può essere utilizzato come avvertimento, come vendetta e soluzione, tutto insieme. Cartellino automatico, soddisfazione garantita.
La trattenuta sui corner
Ogni calcio d’angolo (a meno che non vengano battuti corti, ma in terza categoria battere un corner corto significa aver voglia di morire) è una rumba, una danza affettuosa che unisce i corpi dei danzanti. Sul calcio d’angolo, il delinquente ha una voglia matta di manifestarti il suo affetto. Si attacca alla tua maglietta e non ti molla più, ti spintona, ti tira, ti spinge.
Ogni calcio d’angolo dalla prima categoria in giù è una specie di big bang in cui succede un po’ di tutto, tra abbracci, calci, pugni, schiaffi e sputi. E’ in quel brodo primordiale che puoi riconoscere il vero affetto e il vero amore.
Ovviamente, nessun arbitro si è mai sognato di interrompere questa meraviglia con un fischio fuori luogo per cui, tranquillamente, potete continuare a delinquere irrimediabilmente su ogni maledettissimo calcio d’angolo che vivrete da qui all’eternità.