Faustino Asprilla: el pulpo de Tulùa
Storie di calcio Settembre 8, 2014 delinquentidelpallone
“Se avessi indossato le maglie di Juventus, Milan o Inter, forse avrei vinto anche il Pallone d’Oro. Se ce l’ha fatta Nedved, con tutto il rispetto…”
Forse non ha tutti i torti Faustino Asprilla, quando si lascia andare a queste dichiarazioni. Se contassero solo la velocità, la tecnica, la fisicità ed i goal non avrebbe torto per nulla. Chiedetelo a qualcuno che ha visto un record storico cadere per mano della Pantera. Chiedetelo a Sebastiano Rossi, costretto a seguire con lo sguardo quell’imprendibile traiettoria disegnata dai piedi del ragazzo di Tulùa.
E’ il 21 marzo 1993, il Milan di don Fabio non perde da 58 partite consecutive, in casa è imbattuto da 2 anni esatti. Cesari fischia una punizione, sul punto di battuta si presenta Tino che pochi istanti prima ne aveva calciata un’altra alle stelle, beccandosi i fischi di tutto il Meazza. Gli si avvicina Osio, il Sindaco per gli amici, a dargli coraggio: stavolta la butti dentro. La parabola è perfetta, Seba Rossi può soltanto guardare il pallone che gonfia la rete e una saetta nera che per festeggiare fa 3 capriole con la naturalezza di un saltimbanco.
Non è facile crescere a Tuluà, in un quartiere povero manco a dirlo, quando il padre lavora in una piantagione di canna da zucchero e hai 6 fratelli con cui dividere il poco cibo. Non è facile quando tutte le strade ti sono precluse e non hai altro sfogo che dar calci ad un pallone. Ma qualche volta il fato, anziché voltarti le spalle, ti assiste e decide di non spedirti all’inferno, metaforicamente parlando ma neanche troppo, bensì in paradiso.
Succede così che ti dona due piedi fatati, due gambe con l’esplosività del tritolo ed una velocità fuori dal comune. Ora sta solo a te disporne al meglio. E qui viene il bello, perché Faustino Asprilla vuole sì giocare al pallone nella vita ma non solo. Le regole ad Asprilla piacciono il giusto ed esistono principalmente per un solo ed unico scopo, quello di essere infrante.
Esordisce al Cucuta Deportivo nel 1988, è ancora grezzo ma già si entravate tutto il potenziale di cui dispone. Calcia quasi indifferentemente col destro e col sinistro, sfugge in velocità a qualsiasi difensore e la sbatte dentro spesso e volentieri. In Colombia, se sai giocare al Futbol, finisce che vai a giocare all’Atletic Nacional di Medellin. Su questa squadra ha sempre aleggiato la figura del narcos per antonomasia Pablo Escobar, il quale era solito chiamare gente come Rene Higuita o il biondo riccioluto Carlos Valderrama a giocare nella sua prigione dorata, La Catedral.
Rimane nella città del Cartello fino al 1993, quando è pronto per il grande salto. L’Europa lo attende e ad abbracciarlo c’è il Parma arrivato nella massima serie per la prima volta tre anni prima. C’è un presidente ambizioso, Tanzi, che sta costruendo una squadra in grado di giocarsela alla pari con le corazzate e gli serve qualcuno per puntellare l’attacco, da affiancare ad Alessandro Melli. Tino Asprilla sbarca in Italia accolto da un misto di curiosità e scetticismo. Lo stesso allenatore, Nevio Scala, non è pienamente convinto della scelta societaria. Ci metterà pochissimo per ricredersi.
Dallo sbarco in Italia iniziano a prendere forma le follie che accompagneranno la sua carriera. La prima è totalmente inspiegabile per una mente dotata di raziocinio. Non fa in tempo a posare le valigie ,sceso dall’aereo, che decide di acquistare 100 rubinetti di acciaio da mandare alla famiglia. Saranno sicuramente serviti, per carità.
Per il resto chi lo incontra in giro per la città, e pare non fosse molto difficile soprattutto girando i vari bar, riferisce di una persona squisita, con il sorriso sempre stampato in faccia ed una disponibilità infinita. Ci mette poco a farsi amare anche in campo. Del goal al Milan vi abbian già raccontato; ci sarebbero anche quelli decisivi in Coppa delle Coppe.
Semifinale di andata contro l’Atletico di Madrid Asprilla realizza una doppietta, per ribaltare il vantaggio iniziale di Luis Garcia. Il Vicente Calderon è una bolgia ed è costretto ad inchinarsi a quel prodigio colombiano. Il ritorno a Parma si gioca 2 settimane dopo, ma qui subentra nuovamente la sua testa malata.
C’è la Pasqua di mezzo e, come ogni Sudamericano che si rispetti, sente il richiamo di casa. Non ci son santi che tengano. Asprilla va in patria e poco dopo torna a Parma. Con un piede ingessato. La versione ufficiale è che si sia ferito con dei vetri di una bottiglia caduta alla moglie, la verità è che cercò di sfondare a calci la porta di un autobus che sventuratamente era finito contro la sua macchina. La finale sarà comunque del Parma, che alzerà la coppa a Wembley.
Ma la gioia più grande Faustino Asprilla la vivrà qualche mese più tardi, a Buenos Aires, in terra nemica. E’ il 5 settembre 1993 e si gioca Argentina -Colombia valida per la qualificazione diretta ad Usa 94. Chi perde si gioca lo spareggio con l’Australia, l’andata era finita 2-1 per i Cafeteros. Gli Argentini sono spavaldi, certi di imporre la superiorità di una nazionale storicamente più forte. Ma questa Colombia, come valori in campo non è seconda a nessuno. C’è un Valderrama ispiratissimo che guida una nazionale di ottimi giocatori, da Rincon a Mendoza fino al nostro Tino Asprilla,
El Pulpo come lo chiamano da quelle parti. I Cafeteros dominano in lungo e in largo, spazzano via la nazionale guidata da Basile infliggendogli una manita che rimarrà negli annali. Per l’attaccante del Parma saranno 2 i goal, impreziositi da un assist.
I Cafeteros sono attesi da protagonisti anche per il Mondiale che si giocherà di lì a poco. Mai nella loro storia hanno avuto una nazionale così forte e completa in tutti i reparti, ma il destino, si sa, a volte ti gioca contro come il peggior nemico. Prima ti eleva sul palmo della mano al Monumentàl poi ti sotterra, come avviene negli Usa. I colombiani escono al primo turno, anche a causa di un autogoal di Andres Escobar.
La tensione è tanta, in un paese ostaggio dei cartelli della droga e reso invivibile dalle tensioni sociali. Si rischia la vita anche per una partita di pallone e non è un modo di dire. Andrès Escobar lo sperimenta sulla sua pelle, pagando con la propria vita il giorno 2 luglio 1994, quando gli vengono scaricati addosso 6 proiettili a bruciapelo.
Non ci si riprende facilmente da una vicenda del genere, ed infatti Asprilla l’anno successivo a Parma faticherà tantissimo. A capodanno, tornato in patria per festeggiare, viene coinvolto in una sparatoria durante una festa. Vengono esplosi due colpi in aria, arriva la polizia che trova due revolver non registrate nel bagagliaio dell’auto di proprietà di Asprilla.
La stagione di Tino, seppur avara di soddisfazioni dal punto di vista personale e segnata da questo episodio, si concluderà con la vittoria della Coppa Uefa contro la Juventus. Oltre alle armi al Colombiano piacciono molto anche le donne. Sì, ha una moglie, ma si diverte di più con la pornostar Petra Scarbach con la quale intrattiene una relazione durante i primi anni a Parma. Viene inoltre immortalato nudo in una rivista scandalistica e gli viene offerto un ruolo come attore in un film hard. Proposta che il nostro declinerà sorprendentemente.
A Parma iniziano i dissapori con Scala e all’inizio della stagione 1996 verrà ceduto al Newcastle di Kenny Dalglish. Nonostante le sue bravate continuino, alcool e femmine prima delle partite decisive, al St James’ Park lo adorano. L’esordio dei Magpies in Coppa Campioni nella stagione 97-98 è contro il Barcellona, non una squadra qualunque .Prima della partita si intrattiene con una ragazza inglese, poi arriva al campo, in ritardo e mette a segno una tripletta tanto per mettere in chiaro chi comanda.
Ma Asprilla è inquieto, in Inghilterra non vuole rimanere e decide di tornare nella sua seconda casa, a Parma. Qui trova come allenatore Malesani con cui non ci sarà mai feeling e per cui riserverà parole non proprio al miele.
“Con Malesani ho avuto dei problemi e non ho imparato proprio nulla. Con lui abbiamo vinto 3 coppe in cento giorni, però spesso eravamo noi ad intervenire per spiegargli delle cose. Una volta lasciò l’allenamento e disse: “Allenatevi pure da soli“.
Conclusa l’esperienza europea torna in Sudamerica dove gira tra Brasile, Cile e Argentina.
Propria alla sua esperienza con L’Universidad de Chile risale un altro dei suoi esperimenti con le armi da fuoco. Siamo nel campo di allenamento della squadra, Asprilla è fuori per infortunio, così dicono.
Si sente il rumore di spari, i compagni si precipitano per vedere cosa sta succedendo.
C’è El Pulpo con la pistola rivolta al cielo che spara in aria. “Così vi sprono a fare meglio”, il suo commento come fosse la cosa più naturale del mondo.
Nel 2008, ormai ritiratosi dall’attività professionistica, viene arrestato per aver aperto il fuoco contro le forze dell’ordine. Tenuto in cella per 10 giorni viene liberato perché non lo sopportano più, a suo dire.
Impossibile prevedere cosa sarebbe potuto diventare con una testa salda sulle spalle, non lo vogliamo nemmeno sapere a dirla tutta. Per noi, quella di Tino Asprilla è una storia che merita di esser raccontata. Una storia che abbraccia calcio, politica, donne e affari più o meno loschi. Una storia da Delinquenti.
“Oggi è più semplice fare l’attaccante: non ti trovi di fronte Baresi e Vierchowod. Quelli me li sogno ancora la notte“.
Paolo Vigo
twitter: @Pagolo