Ci rincontreremo.
Storie di calcio Aprile 13, 2016 delinquentidelpallone
Ci rincontreremo, io e te. E chi se ne frega dei giorni, delle settimane, dei mesi che passeranno. Chi se ne frega.
Non è più una questione di campo. Non è più solo una questione di campo, ormai. E’ una questione di orgoglio, è una questione che riguarda quello che mi batte sotto quella maglia che ogni volta provo a sudare più della volta precedente, pur di arrivare a te. Non è più una questione di moduli, di sorteggi, di palloni che rotolano, di difensori strapagati che non fanno quello che dovrebbero fare, di allenatori che non sanno dove mettere le mani, di portieri che prendono tutto quello che possono prendere, e anche di più.
No, cara la mia coppa dalle grandi orecchie. Non è più questione che riguarda il calcio. E’ una questione che riguarda me, te, e tutto quello che batte nel mio petto. Anche se qualcuno dice che sono freddo, che ho l’anima del killer, la freddezza di chi vive le cose con distacco terreno. No, non è vero che nel mio petto scorre sangue gelido. Altrimenti non sarei qui a scriverti. Altrimenti non avremmo vissuto un’altra serata come quella di ieri. L’ennesima. No, non è vero niente, di quello che dicono. Non so come è potuto succedere, ancora una volta. Ma siamo di nuovo qui. Io da una parte, tu dall’altra.
Pensavo fosse arrivato il momento giusto. Quello in cui finalmente avrei potuto toccarti, accarezzarti, cullarti. Portarti a casa con me e guardarti risplendere. Specchiarmi sulla tua superficie lucida. Guardarci negli occhi, anche se tu, guardandoti bene, occhi non ne hai. Sei un freddo pezzo di latta senza un cuore. Dovevo immaginarlo. Non saresti mai stata tu a venire da me. Era compito mio fare in modo di avvicinarmi. Io dovevo farti mia, io e nessuno più. Mai come stavolta dipendeva solo da me.
Invece, di nuovo. Io da una parte, tu dall’altra. Ma ci rincontreremo. Non è una promessa, non è una minaccia. Anche se mi piacerebbe poterti fare questa promessa, anche se avrebbe un suo gusto sadico lanciare al cielo questa minaccia. Ma non sto promettendo, non sto minacciando. E’ anche colpa mia. Non ho avuto la forza di fare l’ultimo passo, nemmeno stavolta. Nel momento in cui pensavo di potermi avvicinare, tu mi hai respinto. Ma con la stessa forza, te lo prometto, tornerò da te.
Non so quanti anni ancora potrò dedicarti. Mi piace fare lo spaccone. Guardare quei giovani giornalisti inesperti dritti negli occhi e affermare spavaldo che il tempo, per me, è un inutile orpello. Che mi sento sempre più giovane, sempre più forte. Ma in fondo, non è che di tempo ne abbiamo così tanto, io e te. E lo sappiamo bene. Un anno ancora, forse due. Tre, se sarò fortunato.
Ma te lo giuro, cara mia coppa dalle grandi orecchie. Uno, due, tre anni. Non mi importa. Ma tutto quello che ho, tutto quello che avrò, in questi prossimo uno, due, tre anni, io lo darò per te. Lo darò per fare quel passo. Per abbracciarti, coccolarti, cullarti. Portarti a casa e mettere tutti a tacere. Farli stare zitti. Farla smettere, quella odiosa e irritante litania.
Zlatan non è decisivo.
Zlatan in Champions si scioglie.
Zlatan è bravo solo con i piccoli.
Zlatan non è un leader.
Zlatan ha paura.
Ci rincontreremo, noi. E dovranno tacere, loro. Non so quando, non so come. Ma ti stringerò tra le mie mani, ti solleverò al cielo. Non è più questione di pallone. E’ questione di orgoglio. E’ questione di cuore.
Ci rincontreremo.
prossimamente tuo: Zlatan.
Valerio Nicastro
twitter: @valerionicastro